Il sindaco Sala è tornato di recente a parlare del futuro politico della città dopo la fine del suo mandato. E ha rilanciato nuovamente il nome di Mario Calabresi come futuro candidato del centrosinistra. Dalla parte opposta non è un mistero che il centrodestra sia alla ricerca (da anni ormai) di una figura esterna che possa essere competitiva.
Non c’è da stupirsi, Milano ha vissuto più di altre città in Italia una cesura netta con Tangentopoli. Basta elencare i sindaci dal 1993 a oggi: quasi tutte figure esterne ai partiti e alle loro dinamiche, come se ci fosse una necessità di avere un sindaco lontano dalle stanze della politica tradizionale.
La candidatura di Mario Calabresi e il profilo degli ultimi sindaci a Milano
Da una necessità determinata dalla scomparsa di una classe politica storica, spazzata via dalle tumultuose inchieste, si è passati a considerare quasi normale che il sindaco di Milano non sia espressione di un partito e della visione che esso ha della città. Indebolendo ancora di più il ruolo già quasi irrilevante (con l’elezione diretta, il peso dei partiti si è ridotto in misura decisiva) dei partiti, considerati buoni sono come portatori di voti.
Il gatto che si morde la coda: i partiti non producono più personalità di rilievo forti, ma al tempo stesso non si intravede come possano produrne nel presente e nel futuro. Si accontentano di ruoli ancillari, lasciando però scoperti bisogni, richieste, necessità di rappresentanza da parte dei cittadini, che infatti disertano sempre di più le urne.
La città che ha avuto come sindaci Caldara, Greppi, Aniasi e Tognoli, espressione massima e migliore della politica, non esprime più personalità politiche dalle organizzazioni politiche. Ma senza la politica, chi rappresenta i milanesi?
