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06. 07. 2024 14:48

Malika Ayane, il racconto della metamorfosi e dei nuovi progetti: «Sottosopra, ma mai fuori posto»

Nuovo singolo per la cantante che non dimentica le sue origini: «A Berlino mi mancano le passeggiate sui Navigli, ma da Milano pretendo di più»

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Nuovo singolo e nuova Malika Ayane. Sottosopra è solo un piccolo assaggio di quello che la cantante avrà da raccontare in autunno, quando tornerà live a Milano (al Teatro Dal Verme, venerdì 15 novembre, da 35 euro su ticketone.it), probabilmente anche con un nuovo album. Il singolo firmato per Woodworm Publishing under exclusive license to M.A.S.T./Believe è stato scritto e composto dall’artista meneghina, insieme ad Andrea Bonomo e Pacifico.

 

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Malika Ayane: «Talvolta Milano si atteggia da metropoli quando non lo è. Su certe cose la vedo ancora come un paesone»

Quando nasce Sottosopra?
«Due anni fa, in questo stesso periodo. Ero a Parigi – dove Pacifico ha il suo studio – ed ero alle prese, da diversi mesi, con uno stato d’animo che segna l’inizio di una nuova fase di vita».

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“Perché ho imparato a andare sotto, se l’aria non c’è”, citi nel brano. A cosa ti ha portato questo nuovo stato?
«A una serenità che cercavo da tempo. Bisogna imparare e muoversi a passo di danza sotto e sopra la linea di questa vita che cambia continuamente».

Si percepisce anche una svolta elettronica.
«Ho scelto di giocare con i contrasti, scandire il tempo con un ritmo diverso dal mio solito. In realtà l’elettronica la sperimentavo già durante i live, ma mai in un disco».

Sarà la corrente musicale del nuovo album?
«Ancora non lo so, in realtà. Mi piacciono talmente tante cose che, come mio solito, faccio fatica a far coesistere tutte insieme, ma sarà sicuramente un nuovo capitolo stimolante».

C’è una morale nel brano?
«Bisognerebbe vivere le sfumature di questa vita senza farsi sconvolgere, per imparare a mantenere l’equilibrio in un limbo costante».

Ovvero?
«Faccio sempre l’esempio del meditatore esperto. Non è colui che non salta quando sbattono una porta durante la meditazione, ma, al contrario, colui che salta più in alto di tutti riuscendo ad entrare immediatamente nel suo stato emotivo iniziale».

Quale rapporto hai con il passato?
«Non lo guardo mai con nostalgia, ma come un ponte attraverso il quale avere un termine di paragone senza alcuna forma di giudizio».

Il tuo passato parla milanese, mentre il presente berlinese.
«Vivo a Berlino da dieci anni, qui ho composto già due album e la sento sempre più vicina a me».

Motivo?
«Una sera mi capita di ascoltare la bossa nova, la sera dopo la techno. Ѐ la mia città preferita perché è come me, quasi schizofrenica, dal punto di vista dell’offerta musicale. Puoi trovar di tutto».

Cosa ti manca della tua città d’origine quando sei via?
«Da Mauro il bolognese, la trattoria sul Naviglio Grande (ride, ndr). Banalmente non è tanto la città in generale a mancarmi, ma alcuni posti, come al Banco, che hanno reso vivere il quartiere come un paese, più che una metropoli».

La cosa più milanese che non fai più a Berlino?
«Sicuramente le lunghe passeggiate, quelle che ero abituata a fare sui Navigli. Ad ottobre, ad esempio, adoravo sentirmi avvolta di mattina presto in quell’aria che iniziava a farsi pungente, malinconica e confortante allo stesso tempo: era la base del mio rapporto con Milano».

Quella era la tua milanesità?
«Sì, una carezza tra un appuntamento e un altro che fissi in zona, quando ti senti comoda a fare tutto a piedi».

Cosa non ti manca di Milano?
«L’atteggiamento. Talvolta Milano si atteggia da metropoli quando non lo è. Su certe cose la vedo ancora come un paesone».

Ovvero?
«Faccio un esempio. Qualche giorno fa ero a correre in Porta Venezia, mi sono accorta di quanto sia piccola nei suoi spazi, ci ho messo pochi minuti a percorrere tutto il parco. La sua “paesanità” nasce anche da questo».

E poi?
«Anche dal fatto si passa troppo velocemente dal super posh e dal locale alla moda a quello che, poi, lo risulta meno. Talvolta mi sembra che tutto si muova eccessivamente secondo ondate precise. Per fortuna rimangono le certezze».

Quali?
«Posti come il Plastic, l’Apollo, ma sono pochi rispetto a quell’atteggiamento che si vuole che abbia Milano, da cui mi aspetto molto. Sento che siamo ancora fermi su questo punto di vista».

Un giudizio piuttosto tagliente.
«Solitamente a formare le città sono le persone. Milano fa eccezione perché appartiene ad altri posti. Se arrivassi qui da turista esaurirei il potenziale da scoprire in un paio di giorni. Ci sentiamo New York, ma alla fine siamo Copenaghen».

Quando torni qui dove ti fermi?
«A casa degli amici. Quando ero qui ho scoperto come si vive in diverse zone, Navigli, Porta Romana, Lambrate ed altre. Ogni quartiere è casa – questo è uno degli aspetti che amo di più di Milano – e viverla anche come ospite mi piace molto».

Torni mai in viale Ungheria, il tuo primo quartiere?
«Recentemente ci sono andata per via del trasferimento in zona di diversi amici. Non nascondo che li prendo in giro per questo, mi chiedo come facciano a spingersi volontariamente in un quartiere così lontano dal centro. In realtà, se questo servirà a popolare le periferie, come succede a tutte le città più grandi, si arriverà anche a creare realtà alternative interessanti. Di questa decentralizzazione sono super favorevole».

 

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Il Malika Ayane a teatro 2024 toccherà diverse città italiane a partire dal 10 novembre, a Trento (Auditorium Santa Chiara), per poi proseguire il 13 a Torino (Teatro Colosseo) e Milano, al Teatro Dal Verme – prima volta qui -, venerdì 15 novembre alle 21.00 (biglietti da 35 euro su ticketone.it). Il tour proseguirà a Mestre (Teatro Toniolo) il 16, Bologna (Teatro Celebrazioni) il 18, Spoleto (Teatro Nuovo Menotti) il 23, Firenze (Teatro Puccini) il 27, Senigallia (Teatro La Fenice) il 29 e Roma (Auditorium Parco della musica) il 30. A dicembre, il 3, il finale a Napoli (Teatro Augusteo).

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