Ah, la politica e la comunità. Due concetti che, teoricamente, dovrebbero andare di pari passo come la carbonara e il guanciale (senza panna, ovviamente). Eppure, a quanto pare, nella realtà dei fatti assomigliano più a una coppia disfunzionale, in perenne lite, incapace di fare squadra per il bene comune. E quale miglior esempio di questo caos relazionale se non la saga tragicomica del centravanti del Milan, Alvaro Morata, e il sindaco di Corbetta, Marco Ballarini?
Morata a Corbetta: affare fatto, anzi no
Immaginatevi la scena: Morata, giovane padre di famiglia, dopo aver segnato decine di gol in Serie A, decide di stabilirsi nel tranquillo e pittoresco hinterland milanese, precisamente a Corbetta, magari per regalare ai suoi figli un’infanzia lontana dai riflettori. Ma come in tutte le storie che si rispettino, ecco l’antagonista: il sindaco. Un sindaco che, con l’entusiasmo social di un influencer adolescente, pensa bene di annunciare su Instagram il trasloco del campione, manco fosse l’arrivo di Babbo Natale.
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Il post avrà raccolto cuoricini e commenti di elogio, ma c’è un piccolo problema: Morata, che di fare il protagonista di una telenovela social non aveva proprio voglia, vede la sua privacy violata e soprattutto quella dei suoi figli esposta. Così, come ogni buon padre, decide di proteggere la famiglia. «Mi trovo a dover andare via subito», scrive, turbato da tutto questo circo.
E qui parte l’applauso scrosciante per il sindaco, che, con la compostezza istituzionale che ci si aspetterebbe da un primo cittadino, risponde… con una foto dell’Inter e un bel “Ciao ciao”. Sublime. Un colpo di classe da manuale. Perché rispondere con tatto o mostrare un minimo di rimorso quando puoi raddoppiare con sarcasmo? La politica è sempre alla ricerca di nuove vette, e Marco Ballarini ha trovato la sua.
Morata a Corbetta: la politica che fa antipolitica
Questo episodio ci insegna tanto sull’incapacità della politica di fare comunità. La politica dovrebbe essere il promotore di una società civile, ma a quanto pare a Corbetta si preferisce fare il community manager improvvisato, senza alcun riguardo per la privacy o il benessere delle persone che si vorrebbe rappresentare.
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Il messaggio è chiaro: la politica non è lì per creare un ambiente sicuro e accogliente per tutti, ma per fare il tifo. Un po’ come sugli spalti di San Siro: chi urla di più vince. Non importa se il prezzo da pagare è la fuga di un cittadino o la sicurezza dei suoi bambini. L’importante è apparire, dimostrare di avere la battuta pronta e, soprattutto, di essere tifosi della squadra giusta. Chissà, magari nei prossimi anni vedremo il ritorno di Morata a Corbetta… ma solo se il sindaco deciderà di cambiare squadra. O, forse, di cambiare mestiere.