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16. 10. 2024 22:54

Rozzano, Manuel Mastrapasqua ucciso per delle cuffie: la follia che non possiamo accettare

Non ci sono immagini che mostrino il momento esatto in cui Rezza ha inflitto il colpo fatale a Mastrapasqua

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Le telecamere non hanno catturato solo Daniele Rezza nei pressi del luogo dove, poco dopo, avrebbe accoltellato a morte Manuel Mastrapasqua con un solo colpo al petto per rubargli le cuffie, a Rozzano. Nel giorno dell’interrogatorio di convalida del fermo, emergono nuovi dettagli di una vicenda ancora tutta la chiarire.

Rozzano, le riprese delle telecamere: c’erano altri due uomini?

Le riprese hanno anche immortalato due uomini su uno scooter, probabilmente testimoni del delitto, ma che non si sono avvicinati né si sono ancora fatti avanti con le autorità. Si sospetta che possano essere vedette dei pusher della zona, solite percorrere lo stesso tragitto più volte al giorno per vigilare su possibili presenze indesiderate.

Le indagini sull’omicidio di Rozzano hanno rivelato che quella notte i due uomini avrebbero improvvisamente invertito la direzione, forse richiamati da un rumore o un grido. Si sarebbero fermati vicino a una stazione di servizio e sarebbero scesi per verificare cosa stesse succedendo. Alle 2:58, avvistata una pattuglia dei carabinieri, sono risaliti sul mezzo e si sono allontanati. Ora, i militari li stanno cercando per ottenere la loro versione dei fatti e capire cosa abbiano effettivamente visto. Questo è fondamentale poiché non ci sono immagini che mostrino il momento esatto in cui Rezza ha inflitto il colpo fatale a Mastrapasqua.

Rozzano
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Rozzano, Manuel e il messaggio alla fidanzata prima dell’omicidio

Potrebbe esistere un’altra prova di quei drammatici istanti. In quel preciso momento, infatti, Mastrapasqua, un trentunenne che lavorava come magazziniere al Carrefour di via Farini, stava registrando un messaggio vocale per la sua fidanzata. Era in contatto con lei dal momento in cui aveva lasciato il supermercato a mezzanotte e mezza (le aveva inviato anche una foto alle 0:46 da un tram).

Sebbene l’audio non sia mai stato inviato, questo dettaglio fa ipotizzare che il telefono di Mastrapasqua potrebbe aver registrato sia la frase «Dammi qualcosa?» pronunciata dall’aggressore, sia i momenti concitati che hanno preceduto l’omicidio.

Rezza, che è già noto alle forze dell’ordine per precedenti come il tentato furto di un motorino da minorenne e una rapina sui Navigli da maggiorenne, ha dichiarato di non essersi reso conto di aver ucciso Mastrapasqua. Una versione poco credibile, soprattutto considerando che il referto medico dell’Humanitas indica che la causa della morte è stato uno shock emorragico.

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Omicidio di Rozzano, dove eravamo rimasti (13 ottobre 2024)

L’omicidio di Manuel Mastrapasqua a Rozzano, un lavoratore che rientrava a casa dopo un turno notturno, è un fatto che ci lascia attoniti e indignati, costringendoci a riflettere su quanto sia diventato folle e privo di senso il nostro mondo. Viviamo in un’epoca in cui il valore di una vita sembra essere stato ridotto a una somma insignificante di oggetti materiali: un paio di cuffie, qualcosa che chiunque potrebbe considerare di poco valore, è diventato il motivo per cui un giovane uomo di 31 anni ha perso la vita.

Rozzano, che cosa è accaduto

Quella notte a Rozzano, mentre camminava verso casa, Mastrapasqua non poteva immaginare che il semplice gesto di indossare le cuffie, per distrarsi o rilassarsi dopo una lunga giornata di lavoro, sarebbe stato il pretesto per il suo assassinio. È difficile comprendere come un giovane di 19 anni possa arrivare a decidere di togliere la vita a qualcuno per rubare un oggetto così banale, un oggetto che, se vogliamo essere onesti, ha un valore economico e pratico irrisorio rispetto all’inestimabile valore di una vita umana.

Eppure, questo è ciò che è accaduto a Rozzano. Un ragazzo ha brandito un coltello e, in pochi istanti, ha spezzato l’esistenza di un’altra persona. La giustificazione che ha dato è semplice e agghiacciante: «Volevo rubargli le cuffie». Una frase che racchiude tutta la banalità di una tragedia che sembra senza senso, ma che in realtà riflette un problema molto più profondo della nostra società.

Milanese
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Rozzano, le cuffie

Non possiamo limitarci a trattare questo episodio come un semplice fatto di cronaca nera. È un sintomo di un malessere diffuso, di una cultura che, giorno dopo giorno, ci spinge a valorizzare il possesso materiale sopra ogni cosa. È la follia di un mondo in cui i beni di consumo diventano status symbol, emblemi di un successo effimero e vuoto, e dove chi non riesce ad averli è disposto a tutto pur di ottenere quello che desidera, anche a costo di uccidere.

Rozzano, la domanda

Ma la domanda è: come siamo arrivati a questo punto? Come abbiamo permesso che un paio di cuffie, un oggetto così comune e privo di un valore intrinseco, potesse rappresentare la differenza tra la vita e la morte? Certamente, la questione non riguarda solo la povertà o la disperazione di chi compie questi gesti. Non basta spiegare l’accaduto con la mancanza di opportunità o con il disagio sociale. C’è qualcosa di più profondo, una sorta di alienazione collettiva, una disconnessione dai valori fondamentali che dovrebbero definire una comunità civile.

Non possiamo ignorare il ruolo che la cultura del consumismo esasperato e l’assenza di una vera educazione sociale e civica stanno giocando nella formazione dei giovani. Ogni giorno, vengono bombardati da messaggi che suggeriscono che il possesso e l’apparenza siano gli unici mezzi per misurare il proprio valore. E quando questi ragazzi si trovano a non poter accedere a quei beni che vedono continuamente esposti come simboli di status, la frustrazione può facilmente trasformarsi in rabbia e violenza.

Rozzano
Rozzano

Questo editoriale non vuole cercare scuse per chi compie atti così terribili. La violenza non ha mai giustificazione. Ma è nostro dovere chiederci come possiamo cambiare una società che ha perso la bussola e che sembra non riconoscere più il valore sacro della vita umana. Dobbiamo ritrovare il senso della comunità, della solidarietà e dell’empatia. È necessario ripartire dall’educazione, insegnando che gli oggetti sono solo oggetti, che una vita umana non ha prezzo, e che non esiste giustificazione per privare qualcuno di ciò che ha di più prezioso: il diritto di vivere.

Omicidio di Rozzano, parla la madre della vittima

«Doveva portarlo in caserma, non farlo scappare, invece ha cercato di farlo scappare, ha lavato i pantaloni e ha cercato di farlo scappare»: è quanto ha detto ai microfoni di Mediaset Angela Mastropasqua, la madre di Manuel, parlando del padre di Daniele Rezza, il 19enne reo confesso dell’omicidio di suo figlio.

«Manuel con Rozzano davvero non ha mai avuto niente a che fare – ha aggiunto – non conosce nessuno a Rozzano. Il sindaco dice che Rozzano è un posto sicuro ma vada lui in giro alle 3 di notte…», conclude la mamma.

«L’ergastolo lo paghiamo noi a vita, non lui – ha aggiunto la sorella Marika -. Gli daranno 15-20 anni, si è costituito ma in realtà è scappato, non è andato in caserma da qua, l’intento era scappare. Manuel era un bravo ragazzo, non faceva del male a nessuno, sempre positivo, era una persona tranquillissima, riservata», ha concluso.

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