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02. 07. 2024 14:20

A Vasco Rossi la Pergamena della città di Milano: «Qui per la prima volta sono stato capito e apprezzato»

Quest’anno, con le 7 in programma, raggiungerà il record di 36 date a San Siro

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In una Sala Buzzati gremita, il sindaco di Milano Beppe Sala ha consegnato la Pergamena della Città di Milano a Vasco Rossi: «Sono onorato di ricevere questa pergamena perché riconosce il lavoro che ho fatto in tutti questi anni. Milano è la prima città che mi ha capito e apprezzato artisticamente».

 

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Vasco Rossi, milanese d’adozione

Quest’anno, con le 7 in programma, raggiungerà il record di 36 date a San Siro: «È un luogo straordinario, qui mi sono sempre trovato bene, ci ho passato tanto tempo, a partire dalla “Milano da bere” degli anni ‘80. E poi ho sposato una milanese (Laura Schmidt, ndr): quando sposi un’americana si dice che diventi americano, io ho sposato una milanese quindi sono diventato un milanese».

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E sulle 7 date a San Siro: «Parte tutto dal fatto che l’anno scorso non sono venuto a San Siro. Ero un po’ indispettito – dice scherzando -, ho visto che c’era un sacco di star. Così ho deciso di venire a Milano e starci un mese. Qui ho un pubblico straordinario, il mio popolo, avrei potuto fare più date: anche dieci. Magari un San Siro solo per Vasco Rossi per tutto il mese di giugno, ma bisogna dare spazio anche agli altri».

L’elogio di Sala a Vasco Rossi

«Siamo qui per celebrare uno degli uomini più importanti della storia contemporanea di Milano – ha commentato il sindaco Beppe Sala, consegnando la Pergamena a Vasco -. Il suo primo concerto l’ho visto a Chiavari negli anni ’80. Vasco ha dato tanto a Milano e tanto alla musica. Per ringraziarlo gli consegniamo la Pergamena da parte del Comune di Milano “per il legame con la città e per i meriti artistici che lo hanno visto protagonista per più di 50 anni di musica e di emozioni”».

Vasco Rossi e la sua produzione artistica

Poi una lunga intervista su tanti temi, a cominciare ovviamente dalla sua musica: «Io racconto i miei problemi, le mie sensazioni, le mie rabbie, frustrazioni. Da 45 anni faccio questo. Sono cresciuto con Guccini, Dalla, De Gregori, impazzivo anche per Battisti e Mogol. Ho scoperto la poesia dalle canzoni di De Andrè, perché a scuola mi sembrava pallosa. Ciò che scrivo viene fuori dal mio stomaco, dal mio fegato. Solitamente a una sensazione, a un ricordo, e invece di descriverlo mi lascio andare alla prima frase che mi viene in mente: da lì prende il via tutto».

«Quando dovete parlare delle mie canzoni chiedete ai fan, loro le capiscono benissimo, non hanno mai frainteso niente, non ci hanno mai visto dentro qualcosa che non c’era. Io sono partito frainteso, facevo ironia e venivo preso sul serio. Sono un provocatore. “Vita spericolata” è stata la mia canzone più male interpretata. Parla di una vita vissuta, esagerata, non certo di morte». E sulle sostanze stupefacenti: «Non ho mai fatto uso di eroina. Le sostanze le usavo per fare di più e meglio quello che volevo fare, per scrivere canzoni, per non addormentarmi. Poi una volta finito svenivo e dormivo due giorni. Ero sempre cosciente di tutto, ho sempre usato le sostanze ma non mi sono mai fatto usare da loro».

Il primo concerto a Milano

«Il mio primo concerto a Milano è stato al “Rolling Stone”, per me è stata come un’incoronazione, quello era un locale dove suonavano solo gruppi stranieri, era il tempo del rock in città ma il rock italiano non lo facevano in tanti. Era un posto perfetto per esprimere il mio tipo di provocazione. Era anche un posto difficile. Se arrivava uno che non conoscevano lo insultavano in tutti i modi. Gli anni ’80 per me sono stati una guerra, mi davano la colpa di tutto, la gente mi sputava per la strada. Io più ricevevo questo trattamento e più mi sfogavo scrivendo canzoni sempre più belle».

Politica, guerra e tanto Vasco

«La politica la fanno i politici. Ognuno ha la sua opinione ma i greci dicevano “c’è la verità e poi ci sono le opinioni”. Quello che vale per tutti ha un senso, quello che vale per uno solo è un’altra cosa. Nei miei concerti a San Siro suonerò pezzi che parlano del sociale, del momento drammatico che stiamo vivendo. Se mi avessero detto che saremmo arrivati a un mondo come questo non ci avrei creduto. Stiamo tornando indietro di brutto: questo trionfo di populismo e balle raccontate continuamente, tutte queste fake news. Ci stanno rimbambendo e la gente si è incattivita. La pandemia è stato ciò che ha fatto esplodere questo delirio collettivo».

«La guerra dovrebbe essere bandita dall’umanità, è qualcosa di troppo primitivo. Se uno dichiara guerra va messo subito in manicomio» Sugli insulti ricevuti riguardo la sua posizione sul conflitto in Palestina: «I social sono un luogo dove l’odio prolifera. Io in quel momento ricordavo il Giorno della Memoria perché mio padre è quasi morto in un campo nazifascista. Mi chiamo Vasco perché era il nome di un compagno di prigionia di mio padre che lo ha aiutato a fuggire da lì durante il bombardamento. Pensate che mia madre voleva chiamarmi Renzo…».

Vasco Rossi a Milano nel 2025?

Infine una sorta di monito e un messaggio criptico in vista del 2025: «Pensiamo sempre, pensiamo troppo. Pensiamo al futuro oppure al passato. Ma non pensiamo mai al presente. È a questo che dobbiamo pensare. Dobbiamo pensare e vivere il presente. Se sarò a San Siro anche nel 2025? Chi vivrà vedrà».

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