Resta a Milano l’inchiesta nei confronti di Marco Cappato, il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni accusato di aiuto al suicidio per avere accompagnato a morire in Svizzera la signora Elena, malata terminale di cancro residente a Spinea, in provincia di Venezia. È questa la conclusione cui è giunta la Procura di Milano in merito alla competenza territoriale.
Marco Cappato e l’autodenuncia
Secondo quanto si apprende in ambienti giudiziari, a radicare la competenza a Milano sarebbe «il criterio supplettivo di residenza dell’indagato». Saranno dunque i magistrati di Milano, e non quelli di Venezia, ad occuparsi dell’inchiesta nata dopo la morte con suicidio assistito della signora Elena e l’autodenuncia di Cappato, che nei giorni scorsi si è presentato spontaneamente dai carabinieri di piazza Duomo, nel capoluogo lombardo.
Rischia 12 anni di carcere
L’inchiesta è affidata al Dipartimento guidato dal sostituto procuratore Tiziana Siciliano, pm nel processo per l’aiuto al suicidio di deejay Fabo nel quale lo stesso Cappato è stato assolto. Marco Cappato deve rispondere dell’articolo 580 del codice penale che punisce «Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione». Se il suicidio avviene, il reato è punibile con «la reclusione da cinque a 12 anni».