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19. 09. 2024 10:04

Addio ad Alain Delon, il suo legame indissolubile con Milano nasce negli anni ’50

È tra il 1959 e il 1960 che l'attore si immerge nell’atmosfera milanese, ancora lontana dall’istituzione del celebre Salone del Mobile

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Milano ha sempre occupato un posto speciale nella vita di Alain Delon, l’iconico attore francese che, negli anni, ha instaurato un legame profondo e variegato con la metropoli lombarda. Questo legame affonda le sue radici alla fine degli anni ’50, quando Delon si trovava a Milano per le riprese del film Rocco e i suoi fratelli, diretto dal grande maestro Luchino Visconti.

È tra il 1959 e il 1960 che l’attore si immerge nell’atmosfera milanese, ancora lontana dall’istituzione del celebre Salone del Mobile. Una clip suggestiva, resa disponibile dalla Cineteca di Bologna, ci riporta a quei giorni, mostrando una scena notturna girata tra via Ardissone e via Ercolano: Delon, nei panni di Rocco Parondi, viene colpito al volto da Renato Salvatori, in una Milano immersa nelle tenebre e nella tensione del racconto viscontiano.

Quando Alain Delon sognava di diventare architetto

Il legame di Delon con Milano non si esaurisce però nel cinema. Nel 1975, quindici anni dopo le riprese di Rocco e i suoi fratelli, l’attore ritorna nella città lombarda non più come protagonista di un film, ma come designer di una linea di mobili. «Se non fossi un uomo del cinema, avrei desiderato essere architetto», dichiarava Delon in quell’anno, svelando una passione nascosta per il mondo del design. È in questa veste inedita che Delon si presenta al Salone del Mobile di Milano, sorprendendo tutti con la sua incursione nel mondo dell’arredamento. Un episodio quasi dimenticato, ma riportato alla luce da Il salotto cattivo, un raffinato almanacco Bompiani degli anni Settanta.

Il ritorno a Milano: il designer Delon al Salone del Mobile

Nel 1975, Delon si associa a Vittorino Sabot, proprietario di una ditta di mobili a Udine, per firmare una serie di arredi che verranno esposti al Salone del Mobile di Milano. L’attore non si limita a prestare il proprio nome: si presenta in persona allo stand, accogliendo i visitatori con la disinvoltura di un piccolo-medio imprenditore. Le cronache dell’epoca, come quella del Messaggero Veneto, lo ritraggono in questa veste inedita, lontana dal glamour cinematografico ma altrettanto affascinante per il pubblico.

Il divo poliedrico e i mobili firmati A.D.

La stampa dell’epoca non si fa sfuggire l’occasione di tratteggiare un ritratto eclettico di Delon. Il 17 settembre 1975, La Stampa lo descrive come «divo e produttore cinematografico, organizzatore di campionati mondiali di boxe, proprietario di cavalli da corsa e di elicotteri, e ora anche mobiliere». Delon, sempre alla ricerca di nuove sfide, arriva a Milano accompagnato dalla compagna Mireille Darc. Il suo press agent lo definisce un attore “per sbaglio”, sempre in cerca di nuove attività in cui eccellere, desideroso di dimostrare a se stesso di poter emergere anche al di fuori del cinema.

Un set cinematografico mascherato da arredamento

Ma come erano i mobili firmati Alain Delon? La Stampa offre una descrizione dettagliata degli arredi: «Seta e cinghiale, bianco e nero, un brillare di ottoni, rame e acciaio sulla radica chiara». Gli arredi, più che destinati a una casa, sembrano adatti a un set cinematografico, evocando un ambiente di lusso spregiudicato e scenografico, con divani che conducono a letti a baldacchino ornati di seta. Tra i pezzi, spiccano una console in radica laccata nera e un grande specchio con bordo nero e metallo, oggetti di lusso destinati a pochi fortunati.

Il design gangster di Alain Delon

Lo stile degli arredi firmati da Alain Delon richiama quello ostentato dai gangster dell’epoca, come Francis Turatello, o da ricchi miliardari arabi. Non è un caso che Angelo Ragosta, designer che ha collaborato alla creazione di questi oggetti, avesse precedentemente lavorato per re Hussein di Giordania. Oggi, alcuni di questi pezzi, come un tavolo da cocktail firmato Alain Delon per Sabot, sono ancora disponibili online a cifre che variano tra i 1.000 e i 2.000 euro, una testimonianza tangibile dell’eccentricità e della creatività del celebre attore.

L’addio a un’icona del cinema

Alain Delon si è spento all’età di 88 anni, lasciando un’eredità cinematografica inestimabile. Nato nel 1935 a Sceaux, nei pressi di Parigi, Delon possedeva una fotogenia che sembrava predestinata per il cinema. Tuttavia, il suo percorso verso la celebrità non fu affatto lineare: dopo un’adolescenza turbolenta, l’esperienza militare in Indocina e vari mesi di prigione per indisciplina, Delon trovò nel cinema il suo destino.

I primi ruoli da seduttore e l’incontro con René Clément

All’inizio della sua carriera, la bellezza straordinaria di Alain Delon rischiava di relegarlo a ruoli di seduttore, come avvenne nei suoi primi film Fatti bella e taci (1958) e Le donne sono deboli (1959). Tuttavia, l’incontro con il regista René Clément fu determinante: in Delitto in pieno sole (1960), Delon interpretò il personaggio oscuro di Tom Ripley, rivelando un lato più inquietante e complesso che lo avrebbe consacrato a una lunga carriera di ruoli profondi e indimenticabili.

L’ascesa nel cinema europeo grazie a Luchino Visconti

Il successo di Alain Delon continuò grazie alle collaborazioni con i più grandi registi europei, tra cui Luchino Visconti. Nel 1960, il ruolo di Rocco Parondi in Rocco e i suoi fratelli lo consacrò definitivamente, mentre tre anni dopo divenne il principe Tancredi Falconeri ne Il Gattopardo. Anche se non poté partecipare a Lo straniero (1967), tratto dal romanzo di Albert Camus e diretto da Visconti, il percorso artistico di Delon lo aveva già reso un’icona immortale del cinema mondiale.

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