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30. 06. 2024 20:17

Il burattinaio di strada, l’arte di Anthony Huxley Serviddio: «Resta un linguaggio universale»

Come portare avanti una tradizione lunga 500 anni: «Si mescolano tante abilità diverse, dalla pittura alla recitazione. L’esperienza più bella è stata in via dei Mercanti»

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Un appassionato racconto del suo lavoro. Una lezione storica della sua arte. Anthony Huxley Serviddio è un fiero burattinaio di strada: «Seguo la tradizione delle guarattelle napoletane. Anticamente chi aveva i soldi andava a vedere le marionette a teatro, mentre il burattino nasce come spettacolo per il popolo».

Anthony Huxley Serviddio: «Non è cambiato niente. Pulcinella si batte sempre contro il potere, il prepotente, l’ordine costituito, il Diavolo, la morte»

Cosa l’ha spinta a seguire questa strada?
«Si tratta di un’arte crossmediale. C’è la scultura, i burattini li produci da solo. Ci sono pittura, recitazione, drammaturgia, recitazione. Curi pure sceneggiatura, scenografia e le luci del teatrino in miniatura dove gli attori sono i personaggi di legno a cui tu hai dato un’anima dopo la loro creazione».

Che differenza c’è tra marionetta e burattino?
«La marionetta è quella con i fili che viene manovrata dall’alto, verso il basso. Il burattino si manovra dal basso verso l’alto, la testa e le mani sono scolpite, di solito in legno. E poi con un guanto, chiamato buratto, dove si inserisce la mano, si comanda il corpo. Collodi ha fatto un po’ di casino scrivendo “Pinocchio il burattino” (ride, ndr). Il tutto prende vita nel castello, che è il teatrino dei burattini».

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Ci sono peculiarità che si tramandano da secoli.
«Sono 500 anni che lo spettacolo è sempre uguale, il protagonista è Pulcinella. La sua voce viene fatta sempre alla stessa maniera, grazie alla pivetta, uno strumento che viene messo nell’ultima arcata del palato, quasi in gola, grazie al quale la voce viene modificata, diventando stridula. Non è cambiato niente. Pulcinella si batte sempre contro il potere, il prepotente, l’ordine costituito, il Diavolo, la morte».

Dove si è esibito per la prima volta a Milano?
«In via dei Mercanti, 3 o 4 anni fa. Fu un’esperienza bellissima. Provai una sensazione di riconciliazione. Prima un po’ di tensione nel momento del montare la mia baracca, poi la felicità nel vedere così tante persone fermarsi. Fu un giorno indimenticabile. Terminato lo spettacolo, una ragazza che mi aveva appositamente aspettato, con le lacrime agli occhi, mi disse: “Oggi ero uscita con un sacco di pensieri, tu mi hai strappato un sorriso. Grazie”. Le risposi: “Grazie a te”: quello che facevo aveva avuto un senso».

Cosa l’ha spinta a esibirsi davanti ai passanti?
«Il mio maestro Gaspare Nasuto mi aveva regalato il suo teatrino dicendomi: “Adesso l’unica cosa che devi fare è andare in strada”. E così feci».

Quanto dura il suo spettacolo?
«Circa un’ora e un quarto. Non sono storie da seguire per forza dall’inizio alla fine, sono partiture. Le guarattelle napoletane hanno questa forza, sono più ritmiche rispetto alle favole. Ti raccontano un fatto che capisci solo osservando quello che succede. Pensi che una volta, a Palazzo Reale, si fermarono trenta giapponesi estasiati da quello che facevo. Si tratta di un linguaggio che va oltre. È indifferente che Pulcinella parli in italiano e che il guappo risponda in napoletano».

Lo spettacolo piace.
«La reazione è positiva. Prima quella dei burattini era l’arte di strada per eccellenza, oggi non è così, ma quello che faccio è apprezzato da bambini e adulti. Anche se siamo nell’era di internet, quando i bambini vedono i burattini, ne rimangono stregati».

E sono felici.
«Sì, anche perché diventano una parte attiva dello spettacolo, vengono coinvolti. Lo spettatore può prendere delle scelte quando chiedo: “Cosa faccio? Mi nascondo? Vado avanti?”. Il pubblico risponde, così di fatto siamo tutti in scena. La verità è che faccio divertire, ma soprattutto mi diverto io, un particolare fondamentale. È un essere lì io per voi. E voi per me».

 

Chi è

Anthony Huxley Serviddio nasce ad Agropoli, in provincia di Salerno, 43 anni fa, da padre originario degli Stati Uniti e madre calabrese. Sin da adolescente sceglie una formazione artistica, ammirando ogni estate il teatro di figura dei fratelli Ferraiolo, una tradizione nel Cilento e in quasi in tutto il meridione, che va avanti da circa mezzo secolo. A 17 anni, mentre si diletta nella pittura, alcuni artisti di un’associazione di Napoli notano le sue opere e lo aiutano ad organizzare una sua prima mostra. Intanto Anthony si appassiona sempre di più ai burattini, mentre lavora come custode in un hotel di Salerno. Prima di trasferirsi definitivamente a Milano, dove la madre prosegue con successo l’attività di ristoratrice, fa l’illustratore freelance. Nel capoluogo lombardo ottiene il diploma di tecnico di palcoscenico dalla scuola Paolo Grassi e prende successivamente e definitivamente, grazie al suo maestro Remo Melloni, la via del teatro di figura. Da una decina d’anni si esibisce con regolarità – e soprattutto con passione – col suo spettacolo.

Quale è la piattaforma 

«Open stage è una startup innovativa che inserisce l’intrattenimento urbano tra i servizi per le smart city». È questo il messaggio iniziale del sito theopenstage.it, piattaforma apposita che permette agli artisti di strada di potersi esibire a Milano e in altre città italiane. «I nostri palchi tecnologici possono essere installati ovunque e si integrano automaticamente con il sistema di prenotazione dell’app – le informazioni riportate -. Realizziamo eventi ad alto tasso di innovazione, progetti in ambito smart cities integrando competenze di comunicazione e marketing». Le esibizioni durano un paio di ore. Si possono prenotare più slot nell’arco della medesima giornata, ma non consecutivamente in un’unica postazione.

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