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02. 07. 2024 09:44

Gisas, in piazza Duomo a suon di rock: «L’arte di strada è una vocazione»

Il chitarrista Giorgio Pasquale suona da quanto aveva 17 anni. Dopo un’esperienza a Dublino, ora gira per l’Italia a suon di Santana e Pink Floyd

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La passione che vince sulle convenzioni e la musica vera e propria compagna di vita. Giorgio Pasquale, in arte “Gisas”, suona differenti generi con la sua chitarra. Ma soprattutto ama e si sente al meglio nel compiere la sua attività: «Faccio quello che è giusto per me e per la mia anima. Mi sento valorizzato. Altro mi deprezzerebbe. La musica rappresenta ciò che sono».

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E oggi vive solo di questo.
«Sì, ci sono arrivato dopo un’esperienza a Dublino, dove ero andato a 34 anni per imparare l’inglese per motivi lavorativi che nulla avevano a che fare quindi con la musica. Dopo aver esaurito il budget a mia disposizione, visto che avevo con me la chitarra, iniziai a esibirmi un po’ per necessità, un po’ perché vedevo di essere apprezzato. Quel passaggio all’estero fu decisivo per farmi capire che la mia vera identità era quella del musicista. Non ci avevo mai creduto prima, non ero convinto di valere qualcosa».

Perché Gisas?
«A 17 anni, mentre ero in vacanza in Sicilia e stavo camminando per le vie di Caltanissetta, alcune anziane del posto esclamarono in dialetto: “Ma sei uguale a Gesù!!!”. Oggi la somiglianza è un po’ sbiadita, mantengo anche barba e capelli lunghi. Da lì il nome d’arte, con la pronuncia inglese e la scritta in italiano».

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Cosa suona?
«Per strada quasi esclusivamente cover: Santana, Pink Floyd, musica differente che reinterpreto e faccio in modo strumentale. Diciamo che non prediligo un solo genere: sono partito a 17 anni con la musica classica, poi ho proseguito col jazz, oggi faccio tanto rock. Tra l’altro ho anche composto svariati pezzi, che continuo ad ascoltare e tenere per me. Reputo la musica come un linguaggio: più lingue sai parlare, meglio sai comunicare».

Che differenze ci sono tra le esibizioni in strada in Irlanda e quelle in Italia?
«Lì la musica era libera, ha sempre ricoperto un ruolo importante tanto che in ogni pub esistevano performances live non di cover, ma di pezzi originali. Tutto per strada poi era tollerato e addirittura incentivato in certe zone della città. A Dublino se suoni bene, ti meriti un contributo, altrimenti non ti danno nulla, motivo che tra l’altro può incentivarti a migliorare. A Milano invece la situazione era totalmente diversa, dovevi ottenere i permessi comunali rilasciati a pagamento per esibirti in determinate aree, la maggior parte in zone decentrate. Inizialmente feci buon viso a cattivo gioco, portando avanti il concetto di musica libera, seguendo quelle leggi non scritte dell’arte di strada che comunque partono dal presupposto di poter non disturbare le persone. Adesso fortunatamente ci si può esibire anche in Duomo, anche se è molto difficile riuscire a bloccare tale postazione. A proposito, domani sarò proprio lì, nel cuore della città».

Com’è il milanese?
«Imbruttito, visto che tante postazioni sono state cancellate, soprattutto nelle zone residenziali della città. Diciamo che molti tollerano poco questo fenomeno perché lo reputano quasi un disturbo. Il vero problema però è a monte, dove non c’è una selezione su chi si esibisce. Sostanzialmente possono farlo tutti e non dovrebbe essere così. L’arte di strada è una vocazione, come per chi fa il prete o il poliziotto. Non deve esserci qualcuno che ti controlla, lo fai perché te la senti, sempre però seguendo le regole del buon senso, altrimenti è normale che un residente che ascolta per 8-10 ore al giorno qualcosa di sparato magari a volume altissimo possa essere risentito».

 

Chi è

Giorgio Pasquale, 50 anni tondi tondi appena compiuti, è un musicista polistrumentista che attualmente si esibisce sia nei locali, che per strada, in svariate città italiane: per lui sostanzialmente la chitarra è come un pianoforte, dato che è particolarmente brillante nella tecnica del tapping, oltre che in quella dello slide. Conosciuto col nome d’arte di “Gisas”, ha iniziato a suonare a 17 anni, affinando le sue qualità in una scuola dedicata poco più tardi. Ex impiegato nel settore del commercio e delle vendite, attività di cui si è occupato sino a 34 anni circa, ha cambiato vita dopo essersi trasferito a Dublino, dove era andato però per imparare al meglio l’inglese per motivi lavorativi. L’esperienza nella capitale irlandese ha rappresentato per il ragazzo una vera e propria chiave di volta, tanto che nel 2009 è rientrato in Italia con l’intenzione di vivere della sua musica. E ancora oggi, ringraziando tale scelta, prosegue con decisione e felicità sulla via intrapresa.

 

Qual è la piattaforma

Un requisito fondamentale e imprescindibile per potersi esibire a Milano (altrimenti, come raccontato da “Gisas”, si rischiano multe salate) è quello di prenotare la propria postazione e il relativo slot, della durata di due ore, su una piattaforma chiamata Open Stage (theopenstage.it). Gli artisti, a seconda delle varie peculiarità, sono divisi in due categorie. Musicisti, cantanti e ballerini si esibiscono a cappello, cioè ricevono un contributo volontario per la propria prestazione dai passanti. Discorso differente invece per ritrattisti, pittori e scultori che vendono le proprie opere a un prezzo stabilito da loro stessi e devono anche pagare l’affitto della propria postazione al Comune di Milano.

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