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04. 07. 2024 16:58

A che punto siamo con la lotta contro il fumo? Segrè (Fondazione Umberto Veronesi): «Prima le sigarette elettroniche, poi si inizia a fumare. A 11 anni»

Nella giornata dedicata alla lotta contro il tabagismo, la responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione ricorda: «Il fumo è causa o fattore a rischio di un terzo di tutti i casi di cancro»

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È un’emergenza purtroppo non ancora “sfumata”, che provoca 8 milioni di morti all’anno nel mondo. Nella Giornata mondiale per la lotta contro il fumo è importante ricordare quali sono ancora oggi i danni: ogni sigaretta contiene oltre 8.000 sostanze chimiche non del tutto note, almeno 250 sono nocive e 80 sono cancerogene con conseguenze su tutto l’organismo. «Il sistema respiratorio e i polmoni sono maggiormente colpiti, ma ci sono danni al cuore e ai vasi sanguigni, con rischio di infarto e pressione alta. Ha un effetto dannoso anche sul cervello, vescica, pelle, bocca o occhi», spiega Chiara Segrè, responsabile della Supervisione Scientifica di Fondazione Umberto Veronesi ETS.

Lotta contro il fumo Chiara Segrè (Fondazione Umberto Veronesi): «Il fumo passivo è cancerogeno come quello attivo e ogni anno nel mondo è responsabile di più di un milione di morti di cui 65mila bambini»

Ad oggi quanto incide il fumo sui casi di tumore?
«Si stima che un terzo circa di tutti i casi di cancro abbiano nel fumo il principale fattore di rischio o causa. Il 90% di casi di tumore al polmone è causato dal fumo e nel 25% dei tumori al pancreas. Il 40% delle malattie cardiovascolari e l’aumento di rischio per tumore alla vescica, al seno e alcune forme di leucemia».

A che punto siamo con la lotta al fumo?
«Nei Paesi occidentali grazie ad anni di campagne il numero dei fumatori è diminuito anche se adesso il trend si è arrestato e siamo intorno al 23-25% dei fumatori nei Paesi sviluppati come l’Italia. Nei Paesi in via di sviluppo la situazione è peggiore, con l’80% dei fumatori attivi. C’è ancora tanto da fare».

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L’interesse per il fumo quando inizia?
«La prima sigaretta si prova a 11-12 anni. La vera emergenza è che molti giovani arrivano al fumo tradizionale attraverso la sigaretta elettronica che viene percepita come meno dannosa, in parte lo è, ma non per questo meno insidiosa».

Può spiegare la differenza?
«Il mercato dei dispositivi del nuovo fumo è in crescita soprattutto tra i giovani, ma è ancora presto per capire gli effetti sulla salute. È verosimile affermare non essendoci la combustione ci siano meno sostanze tossiche, tuttavia non sono innocue e c’è il forte rischio, documentato, di diventare dei consumatori di entrambe le forme di fumo».

Come far capire ai giovani i rischi del fumo?
«Questo è il cuore delle nostre campagne. Non ci si può avvicinare ai giovani con un approccio paternalistico, ma bisogna cominciare a fare educazione sui danni del fumo già dagli ultimi anni di scuola primaria».

Quali sono i motivi per cui si comincia e si continua?
«Sono di natura sociale, sentirsi accettati in un gruppo, per trovare qualcosa che è percepito come “figo” o “adulto”, soprattutto i nuovi dispositivo elettronici di design, sono visti come status symbol e su questo il marketing gioca tanto».

Per la giornata del fumo, che cade oggi, quali iniziative promuovete?
«Oltre al lavoro nelle scuole, abbiamo lanciato un grande progetto di ricerca sul tumore al polmone nei laboratori dell’Ospedale San Raffaele, per indagare nuovi strumenti di cura e di diagnosi precoce usando anche l’AI. Abbiamo finanziato una ricerca al CERGAS di tre anni, sulle politiche di tassazione del tabacco in Italia e nel mondo, per capire quali effetti hanno e disincentivare le persone a fumare».

Quanto sono importanti provvedimenti come il divieto di fumare anche in spazi all’aperto?
«Sono un segno di civiltà e di rispetto servono a tutelare i non fumatori, che comunque sono il 75% della popolazione. Il fumo passivo è cancerogeno come quello attivo e ogni anno nel mondo è responsabile di più di un milione di morti di cui 65mila bambini».

Cosa si potrebbe fare di più?
«Ci sono alcune iniziative locali, ma a macchia di leopardo, servirebbe un provvedimento generalizzato, come la legge Sirchia sul divieto di fumo in tutti i luoghi pubblici, un segnale molto forte e importante».

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